Il CEO si dà un voto ?

Alla scoperta dei parametri giusti per (auto) valutare l'operato di un amministratore delegato

Chiaramente il voto al CEO lo danno i risultati economico-finanziari e strategici: profitto, cassa e crescita. Ma un’applicazione come Thauma, che si pone l’obiettivo di essere un digital twin del CEO e della sua azienda, deve provare a offrirgli qualcosa di più.

Thauma è “CEO-centered”, parte sempre dall’esperienza viva del CEO. Thauma è un abitante del mondo dei CEO della PMI, fatto di officine, muletti, TIR, viaggi su aerei di linea.

CEO che hanno mantenuto il contatto con i prodotti (ammirati e copiati), e i processi di fabbricazione tenuti segreti più dalla maestria degli operatori (e delle operatrici) che dai brevetti. 

Per questo Thauma sa ciò che alcuni di loro desidererebbero di più: una giornata di 25 ore

Purtroppo, nonostante da “thauma” derivi “taumaturgo”, cioè colui che fa i prodigi…Thauma, non fa e non promette prodigi. In compenso ha una proposta metodologica per consentire al CEO di valutare il proprio operato in modo più oggettivo.

 

Il Return on Management (RoM)

Robert Simons, un noto guru di management di Harvard, ha proposto un indice per la valutazione dell’attività del CEO: il “Return on Management” o RoM

Come esistono gli indicatori finanziari che calcolano il ritorno sul capitale con una misura di “margine” al numeratore e di “capitale investito” al denominatore, Simons propone al termine superiore della frazione una misura di “risultato” (l’energia produttiva rilasciata dall’Organizzazione), e al termine inferiore una misura di “sforzo” (il tempo e l’attenzione investite dal CEO).

Vale quindi la formula: 𝑅𝑜𝑀 = 𝐸𝑛𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑂𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 / 𝑇𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝐶𝐸𝑂

Questo è un RoM con solo valore qualitativo. Secondo Simons il CEO che massimizza il RoM si concentra su:

  • Definizione dei confini strategici all’interno dei quali l’organizzazione si muove nel perseguire opportunità di business (minimo di fatturato, di redditività, di tasso di crescita, di posizione competitiva)
  • Misure critiche di prestazione dirette da un salutare timore del fallimento (permeate cioè dal senso della responsabilità d’impresa)
  • Misure di prestazione sempre ben presenti come criteri-guida del lavoro, non come sistemi formali (“paperwork”)
  • Focus sui processi veramente essenziali (non su tutti i processi)
  • Essere sicuri che tutti guardino dove guarda il capo

Fin qui Simons. Thauma ha l’ambizione di fare qualche passo avanti, in due direzioni:

  • Analizzare meglio il RoM dal punto di vista qualitativo
  • Provare a trasformarlo in una misura quantitativa.

 

Il RoM: numeratore, denominatore e le competenze cognitive del CEO

Analizzando meglio l’indicatore, iniziando dal numeratore, se ne ricavano alcune caratteristiche che ben rappresentano il modo di agire dei CEO.

Quello del CEO non è un lavoro per pigri. Il CEO di solito è persona abbondantemente dotata di energia vitale, ma riesce a rilasciarla all’organizzazione che dirige solo se ha il tempo e la giusta concentrazione per farlo.

Le leggi della termodinamica valgono anche per l’azione dell’alta direzione. I CEO efficaci sono dotati di energia virtualmente illimitata, ma una parte di questa energia non si trasforma in movimento dell’organizzazione in quanto viene «sprecata», si converte in «calore improduttivo», a causa degli “attriti”. 

Attriti di comunicazione, di potere, di risorse…la vita delle organizzazioni è fatta anche, e nei casi peggiori prevalentemente, di attriti. Questo è inevitabile, è una legge generale. Ciò che invece dipende dal singolo CEO è quanta parte della sua energia viene convertita in lavoro e quanta sprecata. 

Il contributo di un CEO alla performance dell’organizzazione è la sua «resa energetica» e ogni CEO ha una «resa energetica» individuale e diversa da quella degli altri.

Al denominatore dell’indicatore si trovano le due risorse più scarse del CEO: tempo e attenzione. Chiaramente non si sta parlando del tempo misurato con l’orologio, dove l’impegno è proporzionale alla durata. 

Nella vita dei CEO spesso vale la relazione inversa: più tempo si spende e meno quel tempo è speso bene per risultati significativi. Il tempo del CEO è scandito dalle realizzazioni ottenute, non dalle lancette. E l’ostacolo principale al suo impiego efficace (tanto che si è creato un profittevole filone di consulenza e coaching sul “time management”) è costituito dalla capacità di focalizzare l’attenzione. 

Tutti oggi vivono in un’epoca di sovraccarico informativo e cognitivo, di stimoli percettivi che aggrediscono l’attenzione e dai quali è necessario difendersi. Il CEO è esposto al continuo stress di elaborare informazioni e prendere decisioni. Non per niente il CEO generalmente si circonda di persone di fiducia alle quali chiede di filtrare le continue richieste che lo assalgono da ogni parte: fornitori, clienti, dipendenti, banche…

 I migliori CEO sono dotati di tratti caratteriali specifici e di alcune competenze cognitive chiave; qui non interessano i primi ma le seconde.

Fra queste, relative alla gestione delle informazioni, spiccano:

  • Il colpo d’occhio e sintesi (o visione dell’insieme)
  • La capacità di dare senso agli eventi

Queste doti possono essere amplificate da una buona strumentazione oppure impoverite dagli attriti dell’organizzazione (fra i quali una strumentazione non adeguata).

 

Clausewitz nel 1832 aveva individuato nel “ coup d’oeil ” una delle due doti essenziali del generale vincente (per lui era Napoleone, l’altro tratto era la determinazione). Il «colpo d’occhio» invece, nelle persone predisposte, può essere enormemente amplificato dagli strumenti tecnologici, anzi, è l’abbinata “colpo d’occhio+strumento” che costituisce spesso la condizione dell’avanzamento della conoscenza del CEO.

Chester Barnard, CEO della Bell Telephone, diceva: 

«Ci sono molti uomini d’affari che possono prendere in mano un bilancio di notevole complessità e in pochi minuti o anche secondi dedurne un insieme significativo di fatti. Questi fatti non emergono dalla carta eppure colpiscono l’occhio. 

Essi si trovano fra le cifre nella parte che la mente completa con anni di esperienza e conoscenza tecnica. Questo è ciò che trae da un insieme di cifre qualcosa a cui si può utilmente applicare la ragione.»

La potenza di un’interfaccia grafica ben progettata nella rappresentazione di informazioni per le decisioni è ampiamente dimostrata. Come è dimostrato che una rappresentazione misleading porta a farsi un quadro informativo incompleto se non sbagliato.

L’altra sorgente di vantaggio competitivo del CEO è la capacità di dare senso agli eventi (“connecting the dots”). L’abilità di riconoscere una struttura sottostante in un complesso di informazioni che non parla da solo. Ci sono diversi modi nei quali questa dote può manifestarsi.

  • Il CEO identifica uno schema negli eventi o nelle informazioni che altri non vedono e utilizza lo schema per interpretare gli eventi o le informazioni:

    Perché stiamo perdendo questi Clienti (e non questi altri)? Perché sono quelli che ci comprano da sempre il prodotto X che è nella fase discendente del suo ciclo di vita”.

 

  • Il CEO identifica utili correlazioni e vede similitudini fra dati complessi di situazioni non affini:

    Cos’hanno in comune tutti i Clienti che stanno crescendo, e cosa quelli che invece stanno calando? Che con il prodotto X noi gli risolviamo il problema del magazzino, cosa che non facciamo invece con il prodotto Y”.

 

  • Il CEO identifica un aspetto chiave di una situazione complessa:

    Alla fine cosa non stiamo dando ai Clienti? Vogliono avere una marcia in più sul prodotto e noi invece gli chiediamo di comprare di più”.

 

  • Il CEO usa indizi per seguire piste non battute da altri, trasforma informazioni parziali e deformate in informazioni valide depurandole dal «rumore» e dalle «distorsioni»:

    Mentre ci adagiamo sui margini e viviamo di rendita … non ci rendiamo conto di essere in una situazione molto precaria in prospettiva ”.

 

Il CEO riduce la massa di informazioni che lo bombarda utilizzando concettualizzazioni non utilizzate prima; ricompone idee, questioni e osservazioni in un unico concetto o in una chiara presentazione; è capace di razionalizzare situazioni imprevedibili e incerte, intuendo le implicazioni di situazioni ambigue.

Per fare questo l’informazione strutturata prodotta dai sistemi di reporting molto tecnici dal punto di vista contabile può essere talvolta di scarso aiuto, se non di ostacolo. 

Thauma invece adotta volutamente format di presentazione molto agili e poco specialistici per non creare attrito alla capacità del CEO di rilasciare la sua energia all’organizzazione.

 E come può Thauma aumentare il valore del RoM?

Come / con cosa aumenta l’Energia Produttiva Organizzativa Rilasciata dal CEO all’organizzazione?

  • L’empowerment del CEO che ha l’informazione che gli serve senza chiedere a nessuno, quando e come serve, produce efficacia e tempestività nell’adottare interventi correttivi verso i propri collaboratori
  • Un’informazione sintetica (rilevanza e selettività) aumenta l’efficacia della comunicazione del CEO verso la struttura e i propri collaboratori: condivisione e diffusione all’interno dell’organizzazione
  • Riduzione del costo di accesso all’informazione

Come diminuisce il Tempo Investito e migliora l’Attenzione?

  • Riduzione del tempo e del costo di condivisione dell’informazione (meno paperwork)
  • Avere la possibilità di accedere sempre e dovunque all’informazione, sfruttando i momenti “liberati” dalla routine.

 

Calcolare il RoM con Thauma

Fino a qui il RoM è stato visto in modo puramente qualitativo. Ma Thauma ha l’ambizione di provare a misurarlo e ad esprimerlo in cifre.

Una premessa teorica: secondo alcuni economisti (Schumpeter, Rumelt), il profitto è il “premio per l’imprenditorialità” e si può configurare come una “rendita imprenditoriale” definita come “la differenza fra un valore ex-post (o un flusso di incassi) e il costo ex-ante (o valore) delle risorse investite per creare il business”. 

In un contesto privo di incertezza e quindi di rischio imprenditoriale, il valore atteso (ex-post) è uguale al costo (ex-ante), opportunamente resi comparabili mediante il tasso di sconto dell’investimento privo di rischio.

In un contesto caratterizzato invece da rischio, quale quello dell’attività imprenditoriale, e quindi da un’elevata incertezza ex-ante, questa eguaglianza è tutt’altro che garantita. 

Quindi il profitto si configura come la differenza che un’attività imprenditoriale di successo genera fra il costo di tutti i fattori produttivi impiegati e i redditi generati; questo “extra-profitto”, o “avviamento”, o “rendita imprenditoriale” è appunto il contributo in più portato dalla “bontà” dell’idea e della gestione imprenditoriale. 

Ovviamente in un mercato che funziona bene, cioè in modo competitivo, questa rendita non è “assicurata”, ma va continuamente difesa e rinnovata, altrimenti nel giro di poco tempo la competizione finirà con l’annullarla. 

Nel linguaggio di Thauma a chi decide la rotta e, generalmente, mette il capitale, vanno gli utili, mentre a chi guida la nave andrebbe l’extra-profitto.

 

A questa prima idea se ne deve aggiungere un’altra: il concetto di “ripartizione della torta”. La torta del valore complessivo prodotto è data dai ricavi. Si fa finta che i ricavi coincidano con i flussi di incassi in entrata, e nel lungo termine è vero. I ricavi devono poi essere divisi in tante parti fra i fattori della produzione (e qualche altro soggetto).

I fattori della produzione più facili da individuare sono:

  • fornitori di beni e servizi (remunerati dai costi di acquisto)
  • fornitori di capitale a titolo di interesse (remunerati dagli interessi)

Quindi il Conto Economico è:

𝑅𝐼𝐶𝐴𝑉𝐼 – 𝐴𝐶𝑄𝑈𝐼𝑆𝑇𝐼 – 𝐼𝑁𝑇𝐸𝑅𝐸𝑆𝑆𝐼 = 𝑉𝐴𝐿𝑂𝑅𝐸 𝐴𝐺𝐺𝐼𝑈𝑁𝑇𝑂 𝐿𝑂𝑅𝐷𝑂 1°

𝑉𝐴𝐿𝑂𝑅𝐸 𝐴𝐺𝐺𝐼𝑈𝑁𝑇𝑂 𝐿𝑂𝑅𝐷𝑂 1° – 𝐴𝑀𝑀𝑂𝑅𝑇𝐴𝑀𝐸𝑁𝑇𝐼 = 𝑉𝐴𝐿𝑂𝑅𝐸 𝐴𝐺𝐺𝐼𝑈𝑁𝑇𝑂 𝐿𝑂𝑅𝐷𝑂 2°

A rigore ai costi per servizi (per spese generali) dovrebbe essere applicata la distinzione che si fa per il lavoro, ma si soprassiede per semplicità.

Il Valore Aggiunto Lordo 2° deve remunerare 4 categorie di portatori di interessi:

  • Lavoratori
  • Direzione
  • Azionisti
  • Fisco

Il fisco non è un problema: si possono dedurre dal Valore Aggiunto Lordo 2° o le tasse pagate o l’aliquota nominale e si ottiene il Valore Aggiunto Netto.

Anche individuare la Direzione in senso stretto e il suo compenso non è un problema.

Si separano, invece, i costi dei lavoratori in due categorie:

  • Operations (in senso lato, chi produce o è essenziale per produrre)
  • Management (in senso lato, chi coordina). È evidente che non si può tirare una linea netta di separazione, ad es. il CFO nella misura in cui tratta gli interessi con le banche è operations, nella misura in cui fa il bilancio è management…Ma un certo livello di approssimazione è accettabile.

 

Il criterio di separazione è basato su:

Operations

  • Fa (esegue)
  • Orientamento a fare le cose bene
  • Orientamento al breve-medio
  • Compiti altamente strutturati
  • Prevalenza dei flussi operativi come criterio decisionale

Management

  • Fa fare – Coordina – Organizza
  • Orientamento a individuare le cose giuste da fare
  • Orientamento al medio-lungo
  • Compiti poco strutturati
  • Le decisioni ri-strutturano i flussi operativi

 

Per cui un programmatore della produzione è Operations, il Chief Operations Manager è Management, il CFO è Management, l’impiegata della contabilità fornitori è Operations, i venditori sono Operations, il Chief marketing & Sales è Management, e così via…

Il secondo vero problema se si volesse un lavoro fatto a regola d’arte, è l’individuazione della remunerazione destinata agli azionisti. 

Qui ci sono molte metodiche … EVA, l’Economic Added Value©, RI, Residual Income, che usa il costo opportunità del capitale…

In ogni caso i problemi tecnici sono la determinazione della base, il capitale, che nei bilanci è pasticciatissimo, e del tasso, che dovrebbe comprendere anche il coefficiente beta o il tasso di rischiosità specifica del settore (da aggiungere al tasso per il rischio non diversificabile). 

Questi sono “problemini” non da poco se si vuole fare i puristi. Se invece si accettano semplificazioni, e Thauma spesso lo fa, si può decidere che, convenzionalmente la remunerazione degli azionisti è:

𝑅𝐸𝑀. 𝐴𝑍𝐼𝑂𝑁𝐼𝑆𝑇𝐼 = 𝐶𝐴𝑃𝐼𝑇𝐴𝐿𝐸 𝑃𝑅𝑂𝑃𝑅𝐼𝑂 * 𝑇𝐴𝑆𝑆𝑂 𝐷𝐼 𝑅𝐸𝑀𝑈𝑁𝐸𝑅𝐴𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸 𝐶𝑂𝑁𝑉𝐸𝑁𝑍𝐼𝑂𝑁𝐴𝐿𝐸

Riassumendo:

𝑉.𝐴. 𝐿𝑂𝑅𝐷𝑂 2° – 𝑇𝐴𝑆𝑆𝐸 = 𝑉.𝐴. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂

𝑉.𝐴. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂 – 𝐶𝑂𝑆𝑇𝑂 𝐿𝐴𝑉𝑂𝑅𝑂 𝑂𝑃𝐸𝑅𝐴𝑇𝐼𝑂𝑁𝑆 = 𝑉. 𝐴. 𝑃𝑅𝑂𝐷𝑂𝑇𝑇𝑂 𝐷𝐴𝐿 𝑀𝐴𝑁𝐴𝐺𝐸𝑀𝐸𝑁𝑇

𝑉.𝐴. 𝑃𝑅𝑂𝐷𝑂𝑇𝑇𝑂 𝐷𝐴𝐿 𝑀𝐴𝑁𝐴𝐺𝐸𝑀𝐸𝑁𝑇- 𝐶𝑂𝑆𝑇𝑂 𝐿𝐴𝑉𝑂𝑅𝑂 𝑀𝐴𝑁𝐴𝐺𝐸𝑀𝐸𝑁𝑇 – 𝑅𝐸𝑀. 𝐴𝑍𝐼𝑂𝑁𝐼𝑆𝑇𝐼 =

= 𝑈𝑇𝐼𝐿𝐸 / 𝑃𝐸𝑅𝐷𝐼𝑇𝐴 𝐺𝐸𝑁𝐸𝑅𝐴𝑇𝐴 𝐷𝐴𝐿 𝐿𝐴𝑉𝑂𝑅𝑂 𝐷𝐼 𝐷𝐼𝑅𝐸𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸 = 𝑅𝑜𝑀

Si ha “utile” se il Valore Aggiunto prodotto dall’attività di direzione è superiore al suo costo e consente un’adeguata remunerazione agli azionisti, perdita in caso contrario.

 

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